Negli ultimi anni alcune grandi catene di abbigliamento, nel rinnovare la propria mission, stanno cercando di allontanarsi da un fenomeno da tempo diffuso quale quello del fast fashion, per avvicinarsi ad un concetto di moda più sostenibile. Tra queste troviamo H&M, la famosa impresa di abbigliamento svedese, che ha deciso, entro il 2030, di raggiungere l’obiettivo di fabbricare tutti i prodotti con materiali riciclati o provenienti da fonti sostenibili, oltre a ridurre il consumo di acqua in fase di produzione dei capi d’abbigliamento.
Per arrivare a tale risultato l’azienda è partita dalla creazione di collezioni, Conscious e Conscious Exclusive, in cui i diversi abiti sono stati realizzati riciclando materiali quali foglie di ananas, canapa, vetro, rifiuti raccolti nei litorali e altri materiali derivanti “almeno al 50% da fonti sostenibili, come il cotone organico e il poliestere riciclato”.
Proprio su tali collezioni sono nate diverse discussioni ed iniziate le accuse di Green washing nei confronti dell’azienda. Infatti a seguito delle dichirazioni da parte della direttrice della CA (Norwegian Consumer Authority), Elisabeth Lier Haugseth, le informazioni fornite dalla società in merito alla sostenibilità delle collezioni non sono state idonee in quanto non è indicato “l’effettivo beneficio ambientale di ciascun indumento in modo sufficiente: ad esempio la quantità di materiale riciclato per ciascun capo…”. La Haugseth ha però specificato che le affermazioni di H&M non sono false, bensì fuorvianti: “Secondo la legge norvegese sul marketing, le affermazioni sulle principali qualità di un prodotto devono essere facilmente accessibili e comprensibili per il consumatore”.
L’azienda da anni cerca di dimostare che le grandi catene possono cambiare, e a prova di ciò nel 2011, insieme ad altri brand, ha firmato un impegno, raggiunto quest’anno, volto ad eliminare sostanze chimiche nocive (come quelle usate per tingere) dalla propria catena produttiva, ottenendo così un tasso di ZDHC del 100% (Zero Discharge of Hazardous Chemicals).
H&M, nel 2020, ha fatto un ulteriore passo verso la sostenibilità, lanciando Looop.
Looop è il primo sistema di riciclo in negozio, sviluppato dal Hong Kong Research Institute of Textiles and Apparel (HKRITA) in collaborazione con l’organizzazione no-profit H&M Foundation, che permette di trasformare gli indumenti che non indossiamo più, creandone di nuovi.
Looop è infatti una nuova tecnologia che, in circa cinque ore, lava, taglia a strisce e lavora in nuovo filato il vecchio capo di abbigliamento.
Per rendere la nostra moda a prova di futuro, dobbiamo alleggerire il nostro impatto sul pianeta. Un modo per farlo è usare ciò che è già stato prodotto. Ecco perché le soluzioni circolari come Looop sono quello che cerchiamo!
Parte del finanziamento per la realizzazione di Looop deriva dalla raccolta, nel 2019, di circa 29.005 tonnellate di tessili grazie al programma, Garment Collecting, promosso dall’azienda, che prevede la consegna negli store di prodotti tessili usati (magliette con strappi, calzini spaiati, lenzuola scolorite ecc…) al fine di riciclarli attraverso gli impianti idonei.
Nonostante le polemiche in merito all’azienda, ho deciso di scrivere di questa novità perchè credo che possa essere un altro piccolo progresso, parte di un percorso ancora molto lungo, affinchè marchi famosi capiscano l’importanza del produrre abiti, trovando soluzioni alternative e sostenibili per l’ambiente.